Il mio amore per Barbie è sbocciato alla tenera età di 6 anni, quando entrai in possesso di un paio di Barbie di seconda mano. Non avevo mai amato le bambole da coccolare e spupazzare, mentre Barbie rappresentava invece un mondo tutto da scoprire e da inventare, dove trasformarsi in donna di successo alla ricerca dei propri sogni.
Passavo interi pomeriggi ad inventare storie in cui Barbie era la protagonista: spesso aveva un lavoro che amava ed era in grado di mantenersi da sola, comprando tutto quello che desiderava e uscendo con le amiche. Nella sua vita in un modo o nell’altro era sempre presente Ken, il suo eterno innamorato: a volte si sposavano, a volte litigavano, altre volte si erano appena conosciuti.
La cosa più bella di giocare con Barbie? La possibilità di inventarsi qualsiasi cosa, e di proiettare i propri sogni di future donne, immaginandosi il proprio futuro. C’è chi la vede come una donna stereotipata, e la indica come un giocattolo poco educativo: nella mia opinione, invece, giocare con Barbie aiuta a crescere e sognare di essere una donna a tutto tondo.
Quando ero piccola vedevo ovviamente Barbie come una splendida donna, dai capelli fluenti e dal sorriso smagliante, ma nei miei giochi era sempre intelligente e affermata, interessata ad altri argomenti al di fuori della moda e del trucco. La mia Barbie preferita aveva i capelli castani ed era una scrittrice pubblicata – proprio come avrei voluto essere io, da grande.
Da più di cinquant’anni Barbie fa compagnia alle bambine, con il suo motto I can be; bambine di tutto il mondo, alcune delle quali adesso sono cresciute e hanno abbandonato le Barbie nella scatola dei ricordi. Anche per me è stato così, ma Barbie avrà sempre un angolino speciale nella mia mente di adulta, poiché è con lei che sono cresciuta e diventata quello che sono.